Ricevo e volentieri pubblico questo articolo comparso nel numero di venerdì scorso della rivista “Altri”, scritto da Luigi Attenasio che è Presidente Nazionale di Psichiatria Democratica. Guardandosi intorno e guardandosi dentro, ascoltate…
“In questi giorni nasceva nel 1924 Franco Basaglia (11 Marzo) e sono i giorni che la legge Severino indica come gli ultimi degli OPG, “antri dell’orrore”. La Società Italiana di Psichiatria (S.I.P.), di cui “possono” far parte solo psichiatri, e Psichiatria Democratica, cui invece aderisce senza obbligo di titoli chi condivide non solo gli aspetti notarili dello statuto ma soprattutto quelli etico-culturali (“mantenere vivo e promuovere l’impegno contro l’emarginazione, l’esclusione, la segregazione e lo stigma in tutte le sue forme contro qualunque persona siano dirette, per il superamento delle istituzioni totali, pubbliche e private, civili e giudiziarie”), sono in allarme. I due allarmi accostano, uno strano ossimoro, argomentazioni opposte. La SIP, “più realista del re” (deja vù dei dubbi post180, appena nata già inapplicabile!), chiede una proroga. Non ci vuol molto a immaginare cosa avrebbe detto (Ti sè mona!) Franco Basaglia. Per Emilio Lupo e Cesare Bondioli, segretario nazionale e responsabile Carceri e OPG di Psichiatria Democratica, di cui Franco fu fondatore, i motivi di allarme sono altri: la proroga sarebbe “puramente strumentale al mantenimento dello status quo e a un sine die degli OPG. La situazione è insostenibile da tutti i punti di vista, umano, scientifico, sanitario, riabilitativo. No proroga dunque ma piuttosto il rispetto della legge. Solo una reale presa in carico da parte dei Dipartimenti di salute mentale può evitare l’abbandono e prevenire il temuto reiterarsi di reati”. (…) Nessun avventurismo (siamo stati più volte con i colleghi psichiatri a protestare per la desertificazione di risorse dei servizi per chi sta anche molto male) ma le ispezioni della commissione Marino, le tante dichiarazioni di Napolitano o lo sconvolgente filmato trasmesso più volte, dalla Rai a Youtube, che ha commosso e indignato, “bruciano” troppo. Basaglia, “il liberatore, il medico che chiuse le case dei matti” come titolava tempo fa Maurizio Chierici su Il Fatto Quotidiano, che “si era sfilato il camice, segno di autorità che ancora oggi intimorisce chi ha una gamba rotta, immaginiamo gli esclusi inchiodati nei letti di contenzione”, sarebbe con noi. Di lui, Sartre, innamoratosene, aveva detto: “un intellettuale concreto”. Anni fa scrivemmo: “Diamo il Nobel a Basaglia”, per la Medicina, la Scienza, la Cultura o la Pace, va bene comunque per chi occupandosi di curare e liberare i matti, si era interessato della condizione generale dell’essere umano. Era una provocazione, perché solo i vivi possono averlo, ma ci rodeva che l’unico psichiatra premiato fosse stato J. Wagner-Jauregg nel 1927 per avere introdotto come “cura” dei malati mentali la Malarioterapia cioè un brusco, incontrollato e selvaggio aumento della temperatura corporea, inoculando sangue da pazienti con malaria. Egas Moniz, altro neuropsichiatra, avrebbe avuto il Nobel (al peggio non c’è fine!) nel 1949 per la Lobotomia frontale, cioè la mutilazione di parte del cervello con punteruoli da ghiaccio (sic!) conficcati in testa che a mò di tergicristallo “spazzolavano” l’encefalo senza misura della estensione e della sede del danno. Questa barbarie, fermata negli anni 80 per un movimento di opinione, promotore Ken Kesey, scrittore di “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, da cui il film, è ripresa in sede universitaria (Massachussets) non più con gli arnesi da macellaio di cui sopra ma in modo raffinato e “scientifico”, usando il laser.
Noi psichiatri dovremmo ascoltare di più Basaglia o il suo “fiancheggiatore” Agostino Pirella, quando ricordano che ciò che dice Pierre Bourdieau dei sociologi, può valere anche per noi: “denuncio quella sorta di etnocentrismo che colpisce lo scienziato inconsapevole di tutto ciò che il fatto di essere posto al di fuori dell’oggetto, di osservarlo da lontano e dall’alto, introduce nella sua percezione dell’oggetto… per cui ciò che parla nei suoi discorsi apparentemente scientifici non è l’oggetto ma il suo rapporto con l’oggetto”.
Luigi Attenasio Presidente Nazionale Psichiatria Democratica