Ed eccolo li’, incontrato per caso di prima mattina senza ancora averlo cercato. Affacciato su O’Connell Street, all’angolo con North Earl St.. James Joyce. Sembra essersi fermato solo per una breve sosta, cosi’, distrattamente camminando. Leggermente inclinato sulla destra, la mano sul bastone da passeggio, il piede sinistro poggiato un po’ in avanti, incerto se riprendere il cammino. E chissa’ per dove. Il volto, nel bronzo della statua, appare un po’ piu’ pieno, meno asciutto dei ritratti che ricordo. Ma lo sguardo e’ quello di sempre. Dietro la montatura rotonda degli occhiali. Un po’ stupefatto, quasi si fosse da poco affacciato dalla cornice di una foto rubata al tempo. Per incontrare la “grande guglia”. The Spire, i 120 metri d’acciaio di un gigantesco ago che punta verso il cielo. Perplesso anche lui, forse, per quell’ “eyefull tower”, quello “schianto di torre”. La statua di Joyce e’ poggiata su di un breve basamento, a breve altezza dal lastricato, tornato, pensi, a piedi dal passato, per ancora osservare i suoi Dubliners.
Poco distanti, su alti, altissimi piedistalli, stanno gli eroi che hanno fatto la storia del paese. Monumentali, come quello del Grande Liberatore. Daniel O’Connell svetta imponente sul ponte piu’ avanti. Ma piu’ in alto ancora, planato sulla sua testa, stamane un gabbiano sta di vedetta sulla citta’.