Un pensiero, anche per questa domenica, quasi una rubrica, inviato da Daniela Morandini. Anzi, più pensieri, rileggendo, e citando dunque, la “Dialettica dell’Illuminismo “ di Adorno e Horkheimer. Frammenti filosofici usciti in Olanda nel 1947 e scritti durante l’esilio. Alcune riflessioni, sulla manipolazione dell’uomo da parte dell’uomo, nei totalitarismi, come nell’altrettanto totalitaria società di massa.
(….i protagonisti dei media) … I talenti appartengono all’industria culturale assai prima che questa li presenti, o non si adatterebbero così prontamente.
La barbarie estetica realizza oggi la minaccia che pesa sulle creazioni spirituali, fin dal giorno in cui sono state raccolte e neutralizzate come cultura.
Il culto del fatto si limita a sollevare la cattiva realtà, mediante la rappresentazione più esatta possibile nel regno dei fatti. In questa trasposizione, la realtà stessa diventa un surrogato del senso e del diritto. Bello è tutto ciò che la camera produce.
La vita è un rito permanente di iniziazione. Ognuno deve mostrare che si identifica senza residui col potere da cui viene battuto. Ognuno può essere come la società onnipotente, ognuno può diventare felice, purchè si consegni senza riserve e rassegni la pretesa alla felicità. La sua passività lo qualifica come elemento sicuro.
In confronto a questa produzione di massa, i rimbrotti della megera, che almeno ha conservato il suo viso distinto, diventano un segno di umanità, la bruttezza una traccia di spirito.