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    Gli uomini ombra

    Iniziando l’anno in compagnia degli uomini ombra, “Uomini ombra e altri racconti”, di Carmelo Musumeci. Sì, lo stesso Musumeci che ogni tanto si affaccia su questa riva, con i suoi messaggi in bottiglia lanciati nel mare della nostra indifferenza dal Carcere di Spoleto, dove sconta una condanna all’ergastolo senza benefici. Iniziando dunque l’anno in compagnia della paura, che davvero viene leggendo di vite dietro le sbarre. Vite senza alcuna via d’uscita. Crude, disperate, quasi tutte che finiscono male, perché non si può che finir male in un mondo chiuso al mondo, dove serpeggia uno stato d’illegalità permanente, dove lo stato di diritto muore, se di fatto muore, con l”habeas corpus”, una parte portante delle sue fondamenta. Gli uomini ombra di Musumeci ce lo ricordano ad ogni pagina, e leggendo sappiamo che le loro sono storie vere, anche quando il racconto inizia con la premessa: questa non è una storia vera. E cosa c’è di più vero dell’Assassino dei Sogni. Domina su tutto e su tutti, e lo vedi e lo senti, fatto di pietra, fatto di ferro. Organizza la vita delle sue vittime in modo da proibire loro di sognare, mangia l’anima, il cuore e l’amore dei prigionieri. Le storie di questi uomini ombra sono le stesse di cui leggiamo distrattamente nelle cronache che parlano di carceri affollate, di morti non chiare, di lividi, di suicidi. Ma siamo abituati a pensarle lontane, a pensare che non ci riguardano, che mai ci riguarderanno. E forse questa è la crudeltà maggiore che possiamo riservare loro: abbandonarle, le storie di questi uomini, al di là delle mura del carcere, ben chiuse nel buio delle loro celle. Ed è la solitudine dal mondo, l’isolamento dalla vita, che forse fa più paura. Questa paura e questa disperazione i racconti di Musumeci ce le riporta vive e palpitanti e sanguinanti davanti agli occhi. Con una scrittura forte, diretta, feroce e dolorante, come sa essere la vita. ….

    Confesso di non essere riuscita a leggere il secondo racconto, “L’assassino dei sogni”. Mi è bastata la premessa: Questo racconto è frutto esclusivo della fantasia dell’autore. Ma nell’ambiente carcerario si racconta che sia una storia vera, perché negli anni Ottanta Maurizio fu davvero trovato impiccato nella sua cella d’isolamento, con il corpo pieno di ematomi, che non poteva esserseli fatti da solo. Maurizio aveva diciannove anni, arrestato per una rapina, con pistola giocattolo…  Qualsiasi cosa abbiano fatto o facciano Maurizio e Giosuè, Nicola, Tiziano, Silvio, si capisce subito che la condanna a morte scattera’ sempre e comunque appena varcata la soglia del carcere. Perché altro non è che condanna a morte la condanna alla pena eterna. Una morte lenta, al rallentatore, come la chiama Musumeci. Ci sono anche storie d’amore, in questi racconti. Ma amori straziati e strazianti, perché rimangono lontani e inafferrabili, condannati, anche loro, a morire agonizzando a poco a poco. Ed è la condanna più feroce, la condizione che porta alla morte dei sentimenti e dell’anima. Invito a cominciare l’anno leggendoli, questi racconti. A leggerli tutti ( anche dove io non ce l’ho fatta) per chi ami il noir. Perché social noir li chiama Musumeci. Bisogna leggerli per fare un tuffo nella realtà. La realtà, in Italia, di quasi settantamila persone. A volte c’è da chiedersi davvero quale senso della realtà abbiamo. Mi viene in mente un espisodio… esito a raccontarlo… appena lo sussurro, quasi me ne vergogno… ma è andata proprio così: parlando, di uno sciopero dei detenuti durante una delle tante estati affollate, si discuteva in redazione se parlarne, come parlarne, perché parlarne, nel notiziario. Si decise per il no. D’altra parte, non c’era neppure scappato il morto… Decisero, in quei giorni, i detenuti, di non guardare la televisione, per protesta… Parlarne? Perché parlarne? Come parlarne? Si decise di non parlarne. Meglio così, meglio così, mi sussurrò un collega all’orecchio… altrimenti faremo sapere in giro che in carcere guardano pure la televisione… Ancora, mi dico e spero di aver frainteso… A chi la pensa come quel collega, che ancora spero di aver frainteso, suggerisco di fare un tuffo nella realtà, leggendo di questi uomini ombra…

    Carmelo Musumeci è promotore della campagna “Mai dire mai”, per l’abolizione della pena senza fine, e l’attuazione quindi dell’articolo 27 della nostra Costituzione, dove spiega che le pene devono tendere alla rieducazione. Rimando alle sue parole per capire cosa significhi una pena perpetua, la pena di morte viva, e perché a volte qualcuno in carcere pensi che sia meglio morire davvero. Nella prefazione al libro Alberto Laggia scrive: “Quando rimetteremo in moto le lancette dell’orologio che conta la pena da scontare, potremo dirci una società civile. E qualche storia in più dietro le sbarre potrà trovare un lieto fine”.

    Gli uomini ombra e altri racconti”, Carmelo Musumeci, Gabrielli Editori

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