Tornando a casa. Nel caldo pomeriggio affollato del metrò. Le scene di sempre. Visi stanchi, frotte stupefatte di turisti, mani che spingono, volti che sudano, qualcuno che ride, qualcuno che borbotta, qualcuno che già dorme. E ressa alle porte, gomiti nei fianchi, piedi che calpestano. Che è sempre il rischio più grande. Ad una fermata salgono un uomo e una donna. Lei piuttosto truccata, lui di un grigio gentile. Forse amici, forse il sospetto di un garbato corteggiamento, come accade fra persone di una certa età. Nello scambio fra la gente che preme per entrare e la gente che preme per uscire, vengono spinti, sballottati, messi in un angolo. Sul volto di lei si disegna una smorfia di inquietudine. Lui continua a sorridere, mentre in qualche modo fa scudo col suo corpo prosciugato al corpo più corposo di lei. Sorridente e gentile. La rassicura. Basta che stai attenta ai piedi, le dice, attenta a che non ti calpestino. Basta che stiamo fermi in quest’angolo. Che fra non molto si riscende. Sarà breve, sarà breve. E poi, come recitando un versetto, Bisogna avere fiducia nel futuro, dice, bisogna avere pazienza nel presente, dice. Gocce di saggezza, come un brillare inatteso di lucciole, nel buio di questi tempi amari. Quel che basta, e più lieve diventa il resto del viaggio…