Alla Galleria “Interzone” di Roma si é svolta “La caduta della R: uno studio su Ritournelles di Félix Guattari”. Ma forse si potrebbe dire ” é andata in scena”, perché questa ricerca nasce dalla commistione dei generi, da un libro del filosofo francese, dalla traduzione in italiano e in suoni della musicista Antonia Gozzi, dalla riscrittura in immagini del fotografo Michele Corleone, dalla presenza delle persone che he hanno ricomposto i frammenti. Daniela Morandini era lì. Ascoltate…
“C’è una galleria fotografica a Roma che si chiama Interzone, come quei frammenti di William Burroughs che scolpiscono schegge di commedia umana. E non è un caso, questa volta, che proprio qui si abbia l’impressione di entrare nella mente di Félix Guattari, tra i filosofi più potenti della fine del secolo scorso.
Entrate senza bussare, bussate senza entrare. Strappate i cardini. Demolite le facciate. Ma fate qualcosa, insomma!
In un angolo della Galleria, le ultime copie di “ Ritournelles “, il testo che Antonia Gozzi ha ritradotto in italiano e convertito in musica. Un libro che ruota intorno alla concezione di ritornello: in francese una parola femminile, così come lo era nel Sud d’Italia di un tempo. E’ una visione che gira tra cadute e ripetizioni mai uguali a loro stesse. Sono memorie, movimenti, buchi neri, tagli, quadri di esposizioni che si disintegrano e si ricompongono. Parigi, Berlino, Bologna. E la R che cade e precipita ancora. Sono pagine di carta vetrata che trasudano odore di frasi e di materia:
Lo zio Charles, moribondo, ancorato a una corda che ha fatto attaccare ai piedi del letto per attenuare gli assalti del dolore. Tutto per il bricolage. Elastici, lamiere ondulate, rubinetti, rondelle, lime, nessuna vite.
Estetica del caos? Flusso di coscienza?Joyce? Proust? Di nuovo Burroughs?
Sono parole, scrive Guattari, che si arrampicano sugli alberi come formiche, mentre nella Galleria alcune sveglie asincrone commemorano il tempo e un pianoforte esibisce il suo spartito senza note, carico di schizzi e di colori per una sinfonia di segni.
Tornano alla mente le musiche di liquori di Des Esseintes, il protagonista di “ A’ rebours ”. Il Curaçao che corrisponde al clarinetto, il Kummel che è come l’oboe, il flauto che sa di menta.
Sulle pareti Michele Corleone riscrive il testo con l’obiettivo. Fotografie, istantanee, ingrandimenti e piccoli formati ritrovati chissà dove e chissà quando. Una donna col velo, una matrioska, un uovo, i pesci, una pistola. Fotogrammi, ricordi sfuocati raccolti per strada, sistemati in bustine trasparenti appese in un ordine prestabilito, o forse no.
Su un schermo scorre immobile il video tratto dagli appunti di Guattari per un film da un sogno di Kafka.
Suoni, figure, parole si ricompongono nelle persone che guardano, ascoltano, chiacchierano o pensano ad altro, mentre una gatta tigrata si aggira disinvolta. Si chiama Misha, come in un racconto di Cechov, ma alcuni la chiamano Lelé, oppure Buba, a volte Mimma.
Daniela Morandini