Questo Natale ho fatto una cosa “rivoluzionaria”. Niente cenone e niente regali. D’altra parte mi sono sempre chiesta cosa c’entri il culto della cucina e dell’estetica delle tavole imbandite con il rito dell’attesa. E perché mai celebrare la nascita di un bambino, venuto al freddo di una grotta da due genitori esausti e affamati, davanti a piatti succulenti e spreco di luccichio di carte colorate. Dunque…
Quest’anno niente cena e, seguendo il suono di campane, sono andata ad ascoltare la messa di Natale nella basilica di san Giovanni… che l’ultima volta era accaduto in una lontana vigilia ad Atene, allora attratta dall’eco dei canti del rito ortodosso…
E un po’ di senso a questa notte l’ho trovato, fra le luci del soffitto e la meraviglia dei ricami delle pietre cosmatesche che tutta la chiesa pavimentano, nel carezzevole suono delle melodie e delle profezie e delle orazioni e delle lodi…
“Questa è la notte del Mite, nessuno sia amaro e duro, (…)
In questa notte dell’Umile non vi sia altezzoso o arrogante (…)
Non vendichiamo le offese… non si esalti il giusto sul trasgressore.
In questo giorno in cui Colui che era ricco si è fatto povero…”
E quasi sembra vero si risponda all’invito…
Ma uscendo poi, alla fine della celebrazione, sul sagrato della Basilica, lo sguardo si è perso sull’enorme deserto della piazza. E attraversando il buio delle strade vuote che portano verso casa, mi è venuto da guardarmi intorno per cercarlo, questo Cristo sceso in terra, per scovarlo da qualche parte, che si facesse riconoscere…
Ci credereste? Infine, sì, l’ho visto. Nelle parole di un racconto, di quelli che lasciano tracce scolpite nell’anima. Sogno di Natale, di Luigi Pirandello. Quell’indimenticabile Gesù che nel sogno dello scrittore compare “in quella stessa notte in cui il mondo per uso festeggia ancora il suo natale”. Compare sulla terra in cerca di un’anima in cui rivivere…
Eccolo, lo vedete anche voi? “Furtivo, pallido, raccolto in sé, con una mano chiusa sul manto e gli occhi profondi e chiari intenti nel vuoto: pareva pieno di un cordoglio intenso, in preda a una tristezza infinita”.
E va bene che sono di parte, malata di pirandellismo da quando, che ero appena al ginnasio, scovai nella libreria dei miei una vecchia edizione de “Le novelle per un anno” e pagine e pagine ne lessi subito d’un fiato… ma racconto più vero per questo Natale oggi non trovo. Con quel Cristo che, attraversando le vie deserte di una grande città, e a tratti fermandosi a origliare dietro gli usci delle case più umili, sentendo parole di rancore e d’invidia e odio, sussurra amaro: “anche per costoro io sono morto”…
Ma pure trova poi motivo per rinascere un’altra volta, Cristo, proprio nella notte di quel Natale, entrando in una chiesa, una magnifica chiesa (come quella da cui ero appena uscita?) illuminata da mille candele, soffusa d’incenso e di canti… e chiede a Pirandello d’offrire la sua anima per lui: “Otterresti da me cento volte quel che perderai”.
La reazione dello scrittore… potrebbe essere quella di molti di noi…
“E la casa, e i miei cari, e i miei sogni?”
Cristo insiste, ma la risposta di Pirandello… quanti di noi anche in questa potrebbero riconoscersi…
Ascoltatela, la risposta, e ascoltate l’intero racconto, breve e intensissimo, sulle onde di QuartaRadio, nella voce di Gaetano Marino, che ringrazio per averlo fatto riemergere dai tempi delle mie letture più lontane… https://quartaradio.it/podcast/sogno-di-natale-una-novella-di-luigi-pirandello/
Avete ascoltato? Sì, racconto più vero per questo Natale oggi non trovo.
“Beccato il virus del girgentino”, mi ha detto Gaetano. “Difficile, se non impossibile, curarsi”.
Ma sono un portatore sano, ho protestato. Sano o quasi…
E Gaetano: “Basterebbe che lo beccassimo tutti, quel virus, e sappiamo quanta maraviglia ci invaderebbe nello spiegarci che la vita è sogno, o quasi seria, se ci pare, follia della ragione e ironia delle parti…”
Beh, sì, se questi sono i sintomi, li ho proprio tutti. E me lo tengo caro, questo virus del girgentino, che buona compagnia mi ha tenuto non solo questo Natale. Un virus buono, che non sarebbe male se si propagasse un po’ in giro…
Con l’augurio, ancora, di buone feste a tutti.