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    Il presepe dietro le sbarre, nel mondo a misura d’Erode

    “Buongiorno Gesù, sono Madonna! Una bambina rom incarcerata insieme alla mamma. Sicuramente ti ricordi di me, vero? Ho lo stesso nome della tua mammina e sono certa che stai vedendo tutto quello che ci stanno facendo, anzi credo che conosci bene questa storia perché hanno perseguitato anche te da piccolo… Nel bel mezzo della notte mi sveglio piangendo e sentendo la nostalgia della nonna e dei miei nove fratellini. Caro Gesù, noi sappiamo che le nostre mamme hanno sbagliato, ma noi cos’abbiamo fatto? … e poi come farà Babbo Natale a lasciarci i regali, se alla finestra ci sono le sbarre…? Lo sai Gesù?! Io, Christian, Giosuè e Kimberly abbiamo deciso di fare come gli adulti, lo sciopero del pianto…”
    Frugando fra carte e cartoline e segni dei natali che furono… ritrovo l’appunto di questa lettera, di due lustri fa, dal racconto di Florisbela Inocencio de Jesus, il suo sguardo di ex detenuta sull’inferno del carcere, quello femminile che brucia nei suoi gironi anche innocentissimi figli di mamme detenute…
    E ora mi è difficile non pensare alle sbarre che chiudono l’ingresso alle grotte del loro Natale.
    Sono 35, in Italia, i bambini da 0 a 3 anni di fatto prigionieri con le loro mamme. Quasi la metà, certo, di quelli che erano in carcere all’inizio dell’anno, “liberati” insieme alle madri per effetto delle raccomandazioni dell’Oms e delle misure prese per tutelare in tempi di covid le persone più fragili. 35 piccolissimi, distribuiti fra le cosiddette sezioni nido e Istituti a custodia attenuata per detenute madri. Comunque carcerazioni. E se nessuno li ha ancora portati fuori, devono proprio essere figli di mamme cattivissime, se le colpe dei padri sono tragedie dei figli… Pensando ai due bambini del carcere di Torino, nel novembre scorso positivi al covid…
    E chissà se anche loro, come la piccola rom della letterina a Gesù, nel mondo adulto al quale sono condannati, hanno deciso di fare uno sciopero. E se il loro è ancora sciopero del pianto…
    Un tempo nei presepi capitava che ci fosse lo spazio di un pensiero anche per i carcerati. A Pompei, appena nel secolo scorso, persino si allestiva il presepe dei figli dei carcerati. Oggi, i figli, come i padri, sono lontani dai nostri pensieri, come i manufatti di cemento che li imprigionano, respinti lontano dagli occhi, fuori dalle città.
    Bisognerebbe restituire, ai nostri presepi, cenni di verità perdute, e una verità (bisognerebbe suggerirlo ai magici maestri dei presepi di san Gregorio Armeno) potrebbe essere il silenzio del pianto di questi bambini, davanti a una grotta sbarrata di grate.
    Una piccola grandissima verità che a molte altre rimanda… come la realtà dei tanti minori, bambini, ragazzini, ragazzi, dietro le sbarre di tutto il mondo. Perché l’indecenza non ha confini, e trova mille motivi per rinchiudere vite che non vogliamo fra i piedi. Ma se il Natale, come recita la retorica delle nostre parole, è la festa dei bambini, anche a tutti questi “ultimi” bisogna pensare. E comporre una geografia di domande che attraversa tutto il pianeta. Partendo da quella Terra di Palestina alla quale i nostri presepi pur rimandano…
    Quanti saranno ancora in carcere, questo Natale, dei 160 bambini palestinesi che in ottobre Save the Children ha denunciato essere in prigione in attesa di interrogatorio? “Soli, inascoltati, esposti ad enormi rischi a cui ora si aggiunge anche il Coronavirus”. E quale sarà il Natale dei 500-600 bambini palestinesi della Cisgiordania che ogni anno, ancora la denuncia, vengono processati e detenuti secondo la legge militare israeliana? Per lo più, per lancio di pietre…
    Quale Natale per i centomila bambini detenuti negli Stati Uniti “perché immigrati”…
    E i bambini anche di soli 10 anni che continueranno ad essere condannati e detenuti in Australia, dopo l’ultimo rinvio dell’esame del ricorso che chiedeva l’innalzamento dell’età minima a 14 anni? Sono centinaia in carcere, in grande maggioranza piccoli aborigeni…
    Secondo il Fondo della Nazioni Unite per l’infanzia nel mondo sono in carcere più di un milione di bambini e bambine. In alcuni paesi arrestati e detenuti, ricorda Human Right Watch, per futili motivi, come scappare di casa, dormire in strada, saltare la scuola, alle volte vengono processati come se fossero adulti, scontano la pena in galere per adulti e come questi vengono trattati.
    E quale Natale per i minori che si trovano in quella moderna indecenza che sono i centri di detenzione per profughi? Sommando il numero dei ragazzini ospiti di questi e di quelli (centri per profughi, immigrati e istituti per detenuti), in tutto il mondo si arriva all’affollatissima cifra di 7 milioni.
    Mi piacerebbe raccontare a tutti loro, che entri nei loro sogni, la favola che Oscar Wilde scrisse con un gesto. Pagando, per i bambini incontrati nel carcere di Reading, arrestati per furto di conigli, l’ammenda per farli liberare.
    Ma non sono previste ammende, anche a volerle pagare, per i bambini prigionieri del nostro mondo a misura d’Erode.
    Come non c’erano ammende, anche a volerle pagare, per Abou Diakite e Abdallah Said, i due ragazzi morti quest’anno, prigionieri sulle navi della nostra quarantena.
    La verità di un cenno, nei nostri presepi, allo sciopero del pianto di quei bambini, a tante altre verità rimanderebbe. Bambini, e non solo…
    Non erano minori, ma non posso non pensare anche loro, che pure questo Natale non sono arrivati a vedere. Hafedh Chouchane, Lofti Ben Masmia, Ali Bakili, Erial Ahamdi e Slim Agrebi… morti con le rivolte della scorsa primavera (https://www.remocontro.it/2020/03/15/lordine-che-produce-disordine-se-tredici-morti-vi-sembrano-pochi/ ).
    Questo Natale, non so se avete letto, porta alla loro memoria il dono delle denunce di cinque persone detenute nel carcere di Modena che dicono di aver visto “caricare detenuti in palese stato di alterazione psicofisica dovuta ad un presumibile abuso di farmaci, a colpi di manganellate al volto e al corpo, morti successivamente a causa delle lesioni e dei traumi subiti, ma le cui morti sono state attribuite dai mezzi d’informazione all’uso di metadone”. Nella denuncia c’è molto molto di più (leggete questo puntuale articolo de Il Dubbio https://www.ildubbio.news/2020/12/14/detenuti-sulla-rivolta-di-modena/). Solo a voler voltarsi dall’altra parte si è potuto credere alle versioni ufficiali senza che un dubbio ci sfiorasse. Certo, sarà la magistratura a vagliare, ma intanto c’è chi ha avuto il coraggio di denunciare, e provate a immaginare quanto coraggio ci voglia.
    Buon Natale a loro, e a tutti quelli che vogliano prestare un attimo d’attenzione, insieme al silenzio di tanto pianto, anche alle loro parole…

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