La settimana di San Valentino. Avrei voluto raccontarvi una bella storia d’amore. Ma come dimenticare gli occhi di Francesca, il bellissimo volto di Rosalia, il sorriso fiducioso di Speranza… e chissà quant’era lunghi i capelli di Fatima, e quanto profondo lo sguardo di Monica… La settimana scorsa in due giorni sono state uccise cinque donne. Un’emergenza nazionale. Quella vera. Ma non so se è stata l’apertura di qualche notiziario o titolo di testa di giornale. E’ pur vero che, tutti presi a preoccuparci di questo virus nuovo nuovo che agita il nostro inverno… le donne uccise, in fondo, roba vecchia… anche i numeri bene o male rimangono sempre gli stessi… quelle 120-140 donne l’anno… qualcuna in più, qualcuna in meno. Fenomeno comunque “circoscritto”, confinato per lo più dentro le mura delle nostre case-dolci case, comunque nel perimetro di un abbraccio…
Sempre più sono convinta che non bastano le leggi, che l’aumento delle pene serve a ben poco se la mano di chi commette violenza omicida è guidata da un male tanto profondo, un abisso così difficile da scandagliare… così complesso, così confuso… e che in fondo in fondo la società intera tollera se ancora non è stata dichiarata l’emergenza nazionale…
Nella settimana di san Valentino, patrono degli innamorati, oltre che degli animali, degli agrumeti e degli epilettici, persino (che gran confusione, anche lui…)… a proposito di donne e di uomini, di relazioni pericolose, a proposito, anche, della spaventosa cultura che ci viene propinata tutti i giorni, che un suo ruolo in questa mattanza pure ce l’ha… mi viene da proporvi alcuni “spunti”, alcuni punti di vista su cui riflettere. Certo, posso immaginare bene che questi che ho scelto, dall’immensa letteratura (anche scientifica) che esiste in proposito, rischiano di alienarmi le eventuali simpatie di metà del cielo, quella che non è “l’altra”… ma anche a questa metà che non è “l’altra” li propongo, e mi piacerebbe averne qualche parere…
Leggendo innanzitutto quel che spiega Louann Brizendine, neuropsichiatra dell’Università della California che, ne “Il cervello delle donne”, mette in luce, sulla base di studi rigorosamente scientifici, le differenze fra quello dell’uomo e quello della donna…
“Il cervello femminile possiede doti uniche e straordinarie: notevolissima agilità verbale, abilità nello stabilire profondi legami d’amicizia, facoltà quasi medianica di decifrare emozioni e stati d’animo dalle espressioni facciali e tono della voce. Maestria nel placare i conflitti. Gli uomini, in tutta franchezza, non possiedono tali qualità. Nascono con altri talenti, forgiati dalla loro eredità ormonale…”. Così, a proposito delle emozioni… a cosa mai può portare in un uomo l’ira che seppure “viene provata con la stessa intensità, sono gli uomini a manifestarla con maggiore forza e violenza”.
Ancora. “Spesso l’incomunicabilità in una coppia è dovuta al fatto che i circuiti cerebrali dell’uomo lo spingono troppo in fretta a una situazione rabbiosa e aggressiva, obbligando la donna a chiudersi spaventata in se stessa: un istinto ancestrale le segnala che la situazione è pericolosa, ma al tempo stesso la donna teme che, fuggendo, sarà costretta a cavarsela da sola. Se una coppia resta prigioniera di questo conflitto, non ci sono vie d’uscita”. Ahinoi..
Il secondo pensiero è di Anna Maria Ortese, ché la letteratura, l’arte, in genere, prima delle analisi, dei sondaggi, degli studi, “sa”…
“Colui o colei che amiamo non è tanto un essere col quale desideriamo trascorrere qualche ora di piacere; è molto di più. (…) Noi abbiamo bisogno del suo calore, delle sue dolci parole, delle sue cantilene, dei suoi sguardi profondi e placidi; ed egli ce li dà non quando occorrono, ma quando a lui piace e non reca fastidio”. Terribile risposta di verità. Da “L’infanta sepolta”. Da rileggere. A proposito di domande, e corpi fatti a pezzi…
Ancora. Una riflessione che ci regala Daniela Morandini, che con il Morandini dizionario cinematografico non ha nulla a che fare, ma che molto sa di storie e di trame: “Le storie fra uomini e donne si consumano per mancanza di trama. Gli inglesi direbbero -plot-. Per noi è più consono parlare di quell’intreccio che forma un tessuto, uno straccio, un damasco, una vela. Dai primi anni del nuovo millennio, i fili di uomini e donne sono diventati cavi che non collegano. Non creano neanche cortocircuiti. All’interno di questi cavi corre un flusso di immagini seriali. All’esterno c’è una guaina isolante di proiezioni maschili, precostituite, ripetute all’infinito con l’assenso femminile. E’ un flusso che passa attraverso il tatto, ma è privo di contatto. Non ha né trama, né narrazione. Per Lighea, la sirena, un umanista rigoroso si gettò negli abissi. Per un angelo azzurro, un professore illustre sprofondò nella follia. Per l’acrobata di un circo un altro angelo scelse la terra. Sono storie antiche e moderne di uomini e di donne. Storie di libri, storie di cinema. Storie di ordinaria follia, destrutturate, ricostruite, inventate, falsificate, depravate anche, ma sempre storie. Perché senza trama, tra uomini e donne, non c’è narrazione. Né tessuto per uno straccio o per una vela”.
Guardandoci intorno… Quanti brutti racconti senza trama… e con fastidio, se ne strappano le pagine…
Pensando infine a quanto spiega Meri Lao nel suo fantastico libro sulle Sirene. Dove ricorda che secondo il giurista e storico Bachofenm prima della formazione dello Stato “è esistita una fase demetrica della società, matriarcale, legata a leggi telluriche, pacifica e ugualitaria”. Ma poi ha trionfato la nuova legge patriarcale di Apollo e Atena. “In questo modo -suggerisce Meri Lao- si potrebbe leggere la sconfitta delle sirene, figlie di un vecchio dio del mare disarcionato, e di tutte le madri possibili che ormai, come tali, hanno perduto ogni potere”.
Rimangono le gerarchie maschie del potere, la forza rabbiosa, le ire funeste che accecano e tutto voglio ingabbiare… solo credo sciogliendole, queste gerarchie, dentro e fuori di noi… forse ancora qualcuno si getterà negli abissi per Lighea…