nell’ultimo numero della rivista “Una città”, la lettera di Giovanni Lentini. Davvero un bel racconto, che fa riflettere…
“Nel laboratorio teatrale da poco iniziato, mi è stato chiesto di immaginare e descrivere il viaggio che vorrei fare. Premesso che viaggiare è impresa difficile per chiunque per l incognite che sempre nasconde, cosa può accadere, chi si può incontrare… se poi si aggiunge che il viaggiatore è un ergastolano che dovrà vivere da recluso per sempre, perché il suo fine pena è mai, il viaggio diventa ancora più difficile da immaginare, perché tanti anni di detenzione secondo me non illuminano la mente, anzi a mio avviso atrofizzano non soltanto i sentimenti, ma anche l’immaginazione più profonda.
Detto ciò, il mio viaggio immaginario è quello di tornare in libertà, a casa dai miei cari. Purtroppo sono tanti anni che immagino di essere fermo in una sala d’attesa di una stazione ferroviaria, ad aspettare il treno che mi riporta a casa. A volte questa stazione sembra abbandonata, a volte affollata di pendolari che si affrettano ognuno a prendere il proprio treno.
Io invece mi vedo fermo, immobile, mentre cerco di guardare con attenzione il cartellone che indica l’orario di partenza del mio treno. Ma ogni qual volta si avvicina l’orario previsto per l’arrivo del convoglio, sento una voce che annuncia la soppressione del treno e lo rimanda a nuovi orari. Ogni tanto mi affretto persino a raggiungere il binario su cui il mio treno dovrebbe arrivare, ma immancabilmente quella maledetta voce mi dice che anche quello è stato annullato, così mi tocca ritornare nella squallida sala d’attesa. Spesso si vede qualcuno impegnato a darvi una pulita, ma l’odore agro di umido è insopportabile e la sofferenza nei volti di altri viaggiatori come me è sconfortante.
Ogni tanto arriva qualche nuovo viaggiatore illuso che mi illude con notizie del tipo: “Ho appena parlato con il capostazione e mi ha assicurato che il treno delle 15:30 arriverà e che possiamo partire…”. Illusioni che dopo pochi attimi svaniscono nel nulla e tocca nuovamente aspettare nella sporca e squallida sala d’attesa. Non so perché il bar è sempre chiuso, mentre la biglietteria è aperta solo poche ore al giorno e spesso devo andarci per rinnovare il biglietto che ha scadenza mensile. Sono molti anni che lo rinnovo perché quel treno maledetto non vuole arrivare.
L’unica cosa aperta 24 ore su 24 è l’ufficio della Polizia ferroviaria. Persino i bagni hanno un orario stabilito e sono quasi sempre chiusi.
Di bello c’è che nella sala d’attesa ogni tanto arrivano persone del mondo libero, attori teatrali, registi, preti, professori, che cercano di allietare la mia inutile attesa. Qualche volte arriva persino il Vescovo, a celebrare la Santa Messa. E c’è uno degli attori e un prete che mi dicono: “Gianni, ma sei ancora qua?” Non è ancora arrivato il tuo treno?”
E io rispondo: “se le cose non cambiano, ho il timore che il mio treno non passerà mai, e il mio viaggio verso la libertà lo farò solo da morto, forse proprio per raggiungere quella vera libertà che nessuno potrà più togliermi”.
“Ma no, Gianni, vedrai che il treno passerà. Non essere pessimista”, mi rispondono sempre.
“Non sono pessimista. Sono realista. Ogni volta c’è qualcosa che non va e il treno non arriva. Questa è la realtà”.
Dopo interminabili attese anche i miei cari, stanchi di aspettare nella stazione in cui dovrei arrivare, prendono il treno e mi raggiungono. Entrano anche loro in questa sudicia stanza d’attesa e mi dicono: “Come mai non sei ancora partito? Sono tanti anni che ti aspettiamo, vuoi darti una mossa?”
Ed io: “Ma che fretta può avere un treno che deve arrivare a destinazione il 31/12/9999. Non vedete che siamo ancora nel 2017? Mancano ancora più di settemila anni… è normale che se la prenda comoda… “
“Bèh, in effetti hai ragione papà” mi dice mio figlio.
Poi però, vedendo il suo volto rattristato, cerco di rasserenarlo, me lo stringo forte fra le mie braccia e gli dico: “Non preoccuparti figlio mio, prima o poi verrò a casa. A costo di raggiungerti a piedi, riuscirò a fare questo viaggio, anche solo con la fantasia. Non permetterò a nessuno di sopprimere il mio desiderio di ritornare fra voi. Possono sopprimere treni, spostare orari, ma la mia vera libertà, quella di amarvi e di immaginarmi a casa con voi, non potranno mai reprimerla”.
Ecco, questo è il viaggio che è da anni nella mia fantasia., un viaggio verso casa che non riesco a fare e che forse mai farò… ma proprio perché sono fermo e stanco, nessuno potrà impedirmi di immaginarlo.
Giovanni Lentini
Fossombrone