A proposito di Gerardo Marotta, la sua biblioteca, la sua filosofia… ecco cosa scrive Vittorio da Rios. Ascoltate…
“Mi pare importante riportare Ciò che scrisse e disse il Maestro Gerardo a riguardo della filosofia e del pensiero filosofico.
–La battaglia per la filosofia—
Benedetto Croce rileva il presidente dell’istituto italiano per gli studi filosofici sottolineava l’universalità della filosofia dichiarando che la filosofia è sempre presente nell’agire umano e che dove essa è grande e benefica i Paesi prosperano, mentre le filosofie deteriori portano alla rovina gli Stati e le comunità e pertanto i veri filosofi hanno il dovere di combattere le filosofie deteriori.
André Malraux, negli anni trenta del novecento, ha scritto che –il nostro secolo sarà il secolo della filosofia o non sarà secolo–. Quest’ultima citazione sta a significare l’urgenza della riflessione e dell’autoconsapevolezza in un’epoca contraddistinta da una crisi di proporzioni talmente vaste da risultare incomprensibile ad una visione meramente pragmatica, empirica, appiattita sul quotidiano, sull’inessenziale, sull’accidentale.
Viviamo oggi in un mondo in cui la pace tra gli uomini diventa sempre più un fatto lontano e le guerre non hanno mai sosta e gli Stati decadono (…) o si disgregano e l’idra dell’anarchia, dei Nazionalismi e del razzismo sembra ogni giorno moltiplicare le sue teste, mentre i mali sociali non cessano di moltiplicarsi e una fame endemica fa da sfondo alla violenza spietata sull’infanzia di tutti i paesi del terzo mondo e la questione ecologica sembra abbandonata ad una demenziale Anarchia anziché all’urgente coordinamento degli Stati e le leggi si moltiplicano in modo sconnesso e disordinato in tutte le legislazioni. Oggi, di fronte a tutti questi mali sembra che la battaglia per la filosofia sia divenuta improponibile ed anacronistica perché si ritiene generalmente che di fronte a tutte le sofferenze di cui il mondo è pieno e di fronte a tutte le nubi che si addensano sugli uomini sia assolutamente fuori luogo proporre il dialogo della filosofia e lo studio di essa.
Questo dipende non dalla pretesa vanità della filosofia ,ma dalle condizioni culturali delle classi dirigenti e dalla penuria di veri filosofi e di veri uomini di cultura.
E gli uomini di pensiero, esperti delle dottrine filosofiche, che si erano indotti dopo la fine della Seconda guerra mondiale a credere nel primato della politica e al mito della presenza di una
Classe politica illuminata nei vari Paesi, di fronte all’immane disastro in cui versa il mondo e che strazia l’umanità, devono convincersi di aver sbagliato nell’essersi lasciati indurre a credere che la filosofia doveva ritenersi debole o superflua nell’epoca contemporanea, devono mortificarsi per la loro inazione, per la loro inerzia morale e per essersi abbandonati a miti e illusioni fallaci e devono prendere atto di non essere veri filosofi . E inevitabilmente ritorneranno alla loro memoria le parole della Settima lettera di Platone: –alla fine mi resi conto che tutte le città di allora erano mal governate, le loro leggi si trovavano in uno stato che era praticamente Incurabile, e fui costretto a fare l’elogio della retta filosofia e dire che solo essa consente di vedere ciò che è giusto nelle cose pubbliche e in quelle private; dunque le generazioni umane non si sarebbero mai potute liberare dalle sofferenze e dalle sciagure finché al potere Politico non fossero giunti veri ed autentici filosofi, oppure i governanti della città non fossero divenuti per grazia divini veri filosofi–.
Appare oggi sempre più chiaro che l’assenza di un vero pensiero e il trionfo di filosofie deteriori segna la desolazione dei continenti e degli Stati e dequalifica e avvilisce tutti gli aspetti della vita sociale. Senza una vera filosofia, senza una grande cultura l’umanità non è più se stessa, ma è un’altra cosa: promuove sollecita bisogni subumani . Un’umanità che non ha in pregio l’attività del pensiero, che non è consapevole dell’essenzialità della lotta per la filosofia e dell’importanza della filosofia supremo patrimonio della civiltà, quell’umanità ha dimenticato se stessa, è senza più anima senza più vita; quell’umanità ha scelto la via dell’abbandono e della desolazione. L’uomo ha rinunciato alla sua essenza divina, per lui ostile tutto ciò che non sia banale, rozzo materialismo e piatto empirismo: l’altezza delle aquile gli è insopportabile.
Come non condividere questa sua analisi, questa lucidissima quanto profonda sintesi dell’importanza non solo della ricerca filosofica ma di un pensiero filosofico non debole e deleterio che purtroppo ha caratterizzato gran parte del novecento e che continua a permeare la stessa elaborazione del pensiero di questo inizio di secolo. La desolazione e i drammatici pericoli in cui si ritrova l’umanità oggi non è forse il frutto della presenza di un pensiero –debole—che non ha saputo impedire la costruzione di quello che viene definito
il mostro tecnologico di potenza oramai totalmente fuori controllo a l’uomo stesso?
La frammentazione stessa e la rissosità della attuale classe politica con tutte le sue degenerazioni corruttive e familiste, l’esplodere di nuove forme di razzismo e di rifiuto dell’altro, lo stesso agire di corpi dello stato come l’autorità giudiziaria che spesso travalicano lo stesso dettato costituzionale, la costruzione di una intollerabile foresta di privilegi, e un sistema finanziario produttivo improntato alla rapina che produce sperequazioni sociali mai prima verificatosi e che sta minando lo stesso ecosistema del pianeta, mettendo seriamente a rischio la sopravvivenza dell’ominide stesso. Potremmo ben dire quanto sia stata –profetica—la visione del –maestro—nel fondare nel 1975 l’istituto italiano per gli studi filosofici assieme a grandi intellettuali come Elena Croce, Cerulli, Piovani, Carratelli, percependo già allora il declino culturale dell’Europa, e la crisi che stava attanagliando il mondo. Ha speso tutto con –eroico—furore inesauribili risorse intellettuali e le proprie risorse economiche tutto in funzione della RES pubblica alla costruzione dello stato di diritto del bene comune. I giovani sono stati da sempre per il –Maestro—e l’istituto i destinatari di questa immensa e unica costruzione culturale affinché attraverso la filosofia e l’alta cultura espressione del dialogo tra tutte le discipline e il sapere umano apprendessero i fondamentali strumenti per divenire classe dirigente per dirigere gli Stati in questo difficile quanto inedito passaggio della storia in cui si ritrova l’umanità tutta. Ben hai fatto cara Francesca ad associare quel giovane che sta –salvando—i libri per costruirvi un Biblioteca-libreria e lo straordinario agire del maestro c’è in questo la speranza di un nuovo – rinascimento—un umanesimo in cui l’altro come ci ha insegnato padre Balducci non è un problema un fastidio, ma è te stesso. Fuori da questo paradigma ci aspetta un ancor più drammatico collasso morale rispetto a quello che ha investito il –secolo—breve descritto in pagine memoriali dalla Arendt. NOI COME NOSTRO PRIMO DOVERE AL DI DI SOPRA DELLE RICCHEZZE AL DI SOPRA DEL BENESSERE DOBBIAMO PENSARE ALL’EDUCAZIONE DELLE NUOVE GENERAZIONI –VENTURI AEVI IMMEMOR–. NON DIMENTICHIAMO UN MOMENTO. Questo potremmo considerarlo come –testamento– straordinario lascito spirituale del Maestro e questo ci fa guardare all’orizzonte del futuro dell’umanità con più serenità e fiducia.”
Vittorio da Rios