Solo un pensiero. Tornando verso casa. Guardando il sole basso sul confine della collina, poi sulle case, sugli alberi, sulla curva del fiume, le baracche in riva. Lasciandosi ferire gli occhi, dai raggi quasi orizzontali di quel sole, attraverso il finestrino del vagone del trenino che riavvicina alla città. E pensando, lo spazio del breve viaggio dal lavoro a casa, spazio del pensiero libero. Accoccolato sul sedile che, nello spazio di un pugno di minuti, diventa luogo dello spazio infinito. Rubando quel po’ di tempo per perdere il tempo. Proprio come insegna a fare il libretto che da qualche giorno è in tasca e viene insieme a me, avanti e indietro, avanti e indietro, lungo il percorso quotidiano. Panchine. Elogio del tempo rubato al tempo, pensiero libero, appunto. Libero da ogni vincolo, libero dai commerci del mondo. Seduti, appunto, su una panchina. Sperando che nessuno pensi mai di segarla, la nostra panchina…
Un suggerimento. Da leggere, per chi la propria panchina l’ha già. Per chi cominci a cercarla, per vedere l’effetto che fa… Panchine, di Beppe Sebaste. Come uscire dal mondo senza uscirne , Laterza.