Gatto Randagio, all’appuntamento con RemoContro (www.remocontro.it) questa volta fa il vago… Ascoltate un po’…
A proposito di lavoro, che c’è, che non c’è, fra programmi, intese, geometrie di statistiche che il cerchio non quadrano mai… chiedendomi quale domani, quale orizzonte i più giovani possano vedere… Sono andata giusto ieri a rileggere i racconti che qualche tempo fa mi avevano mandato dei ragazzini di una scuola media, per la cronaca la scuola media di Regello, centro alle porte di Firenze. Stupendomi ancora della loro attenzione a cose piccole, a cose grandi, ai problemi che toccano tutti noi… Scoprendo infine che la formula “c’era una volta” per i ragazzini rimane una chiave per aprire la porta dell’oggi, per guardarsi intorno, per leggersi dentro…
Mi colpirono, quelle loro fiabe, perché molte giravano intorno al tema del lavoro, come dire che anche i più giovani, 11, 12 anni, ben percepiscono ciò che accade loro intorno, non ne sono indifferenti, anzi, e cercano soluzioni, con la forza del desiderio, e l’ottimismo non ancora corrotto della loro età. Almeno per darsi “spiegazioni” che intorno non trovano, e nessuno riesce a dare loro. Ascoltate che si sono inventati.
Gabriele ad esempio racconta di una regina… Il suo nome era Maria Stella III^ ma (…) la chiamavano Maria Star, perché faceva di tutto per piacere alla sua gente, e aveva fatto delle cose davvero belle. Ma, ma… c’è un però. La regina, scrive Gabriele, aveva un’idea un po’ strana a proposito di mestieri: dava valore alle persone di maggior successo e molti lavori non le piacevano affatto. Un giorno, facendo un giro nel suo regno, notò che la maggior parte delle persone lavorava nei campi, oppure erano artigiani… Insomma, lavori che lei considerava troppo umili, quasi disprezzabili. Emanò allora un editto per ordinare agli abitanti del regno che fossero pescatori, contadini, allevatori, artigiani, ( ed erano tantissimi) di distruggere gli strumenti del loro lavoro e trovarsi un altro mestiere.
La gente, mesta, obbedì. Molti abbandonarono le case e i campi per andare in città alla ricerca di un nuovo lavoro. Ma rimasero quasi tutti disoccupati, mentre senza più contadini né pescatori, la gente non sapeva più cosa mangiare. Il paese s’impoverì… Solo allora la regina capì che ogni lavoro è importante. Ma le persone che erano andate via tornarono solo dopo la sua morte. E allora sì, che finalmente il paese rifiorì.
Questo paese dove le cose cominciarono ad andare bene dopo la morte del suo stolto governante, mi aveva sussurrato Gabriele, era l’Italia…
Meno ottimista Consuelo. La sua è la storia di un ragazzo che suonava benissimo il piffero, e che “in una calda giornata di sole, mentre l’odore dei fiori inebriava tutta l’aria, perché la primavera era vicina, pensò di andare a lavorare nella pelletteria del paese”. Ma venne liquidato bruscamente. Per lui non c’era posto. “Se ne pentiranno disse il pifferaio indispettito”. E guarda un po’ che dopo poco gli affari della fabbrica cominciarono ad andare davvero male. A scoprirne il perché fu Stella, una bambina che amava restare sveglia fino a tardi a guardare le stelle. Una notte Stella fu attratta da un suono… si affacciò alla finestra e vide il giovane pifferaio “che suonando portava via dietro di sé tutte le borse della fabbrica”. Insomma come la storia dei topolini portati a morire dal più noto pifferaio magico.
I bambini sanno essere tanto generosi, e Stella decise di partire alla ricerca del ragazzo per recuperare le borse “perché l’attività della fabbrica serviva a far lavorare molti, ma ahimè, ancora non è tornata”.
Mesto il finale di Consuelo, che comunque, conclude: “quando leggiamo o ascoltiamo di notizie sulla crisi del lavoro sappiamo, almeno in parte, di chi è la causa”. In attesa che si trovi la formula per sciogliere l’incantesimo…
Ancora ragazzini. Pensando alla figlia di Valentina, una giovane donna, venuta dall’Est ad occuparsi delle nostre case… Appena dieci anni, Jasmine, minuta come un uccellino e occhi attenti puntati sul mondo. Brava a scuola come chi nella testa ha almeno due mondi e due lingue, e un pensare adulto di chi ha già capito che la vita non è solo un frullare di Barbie e caramelle…
Ha chiesto, un giorno, la bambina, alla sua mamma: “ Ma posso andare anch’io a lavorare? Almeno d’estate, quando non c’è scuola, per aiutarvi un po’”. Quasi commossa la madre me l’ha raccontato: “… e mentre me lo chiedeva, guardavo le sue manine, così piccole… “
Manine così piccole, ma così già avide e curiose di vita e di sapere. Venendo, qualche volta, a casa mia, incantata dai libri che l’affollano, divorando veloce racconti…, Jasmine un giorno mi ha chiesto se potevo prestarle, pensate un po’, una “Divina Commedia”. Le ho dato l’unica edizione che avevo, testo difficile, note complesse… Ho saputo che in seguito è andata a scuola portando sempre nello zainetto questo suo prezioso libro, che nelle pause apre, e vi si perde. Stupendo la maestra che ha detto alla mamma: “Non so cosa capisca, ma legge, legge”. E chissà quali informazioni vi cerca, per prepararsi a quando potrà entrare nella vita.
Un ex ministro dell’economia (ricordate? Tremonti…) pronunciò quella stolta frase: “Di cultura non si vive, vado alla buvette a farmi un panino alla cultura, e comincio dalla Divina Commedia”. Lo sfogliare di pagine delle manine della nostra Jasmine mi è sembrato la risposta più bella e alta che si possa dare a tanta stupidità. Ah, il mondo salvato dai ragazzini…