L’appuntamento della domenica con Gatto Randagio, dal sito Remo COntro… un viaggio per sentieri di cimiteri, per leggere “la folle trama del mondo”…
“La notiziola, letta qualche giorno fa da qualche parte, è che è appena nata una nuova applicazione gratuita che permette di creare un cimitero virtuale dove far visita ai propri cari in ogni momento e da ogni luogo del mondo. Lasciare un omaggio, un ricordo, accendere una candela… La cosa, spacciata per novità assoluta, in verità non è nuova, piuttosto un altro segmento di inconsistenza aggiunto alle nostre vite, sempre meno palpabili… E visto che siamo alla fine di questo mese in cui, per dirla con il nostro cantautore preferito, “si celebrano i morti”, viene da dare un suggerimento.
Chiudiamo la pagina di quest’ultimo straniamento, e l’anno prossimo, per favore, lasciate perdere zucche e mostriciattoli, e il tedioso dolcetto-scherzetto. Provate piuttosto (…) ad andare per viali di cimiteri, magari con i vostri bambini, come era buon costume fare. A incontrare, mettendoci un po’ d’attenzione, una delle realtà più vivaci che si possano immaginare. Comunque un buon esercizio, per non perderla, la capacità di immaginazione, che molto, quasi tutto ci insegna a vedere.
Da vecchi e nuovi appunti…
Randagiando tempo fa qua e là per Parigi, non resistendo all’attrazione del Père-Lachaise, ho subito cercato la tomba di Abelardo ed Eloisa. Se è ammesso avere pensieri antipatici, bèh devo dire che ho sempre dubitato che tanto amore Abelardo proprio se lo meritasse. Dubbio che la lettura dell’epistolario dei due amanti ha lasciato in me intatto, anzi… E lì, davanti a quel tempietto dalle gracili colonnine, quasi ho sentito arrivare sospiri. Prigionieri per sempre, lei e lui, di quel mito d’amore.
“La morte, d’altra parte, come la vita, la si può soltanto vivere…” ha sussurrato alle spalle qualcuno che ho subito riconosciuto… Ma sì, Oscar, il mitico Wilde, che pure lì è rintanato, e ogni tanto s’appunta in petto il suo garofano verde ed esce a fare due passi. E’ vero, lo giuro, ho ancora la foto con gli occhi sbarrati del ragazzo, al bar, lì fuori, sulla discesa, al quale scommetto abbia chiesto champagne. Alle 11 del mattino…
Più recentemente, qui vicino, al Verano. Ho seguito passo passo una signora, di una certa età, per quanto portata benissimo. Sembrava attratta da una tomba piuttosto monumentale, con adagiata la statua di un giovane sì e no coperto da un drappo. Molto bello, molto giovane, da avere voglia di abbracciarlo, benché pietra… e non solo la signora deve averlo pensato se nella mano poggiata sulla coscia qualcuno qualche giorno prima aveva messo un fiore giallo, ora quasi appassito. A sentirla, quella signora mormorare, sembrava quasi che quel giovane piano piano si smuovesse, riscaldato da tanta attenzione, e qualcosa sicuramente le avrà detto se lei quando se ne è allontanata ha bisbigliato con disappunto: “eh, sì.. qualcuno dovrebbe occuparsi di levare tutta la polvere che si accumula, da un così bel viso…” E se ne è andata, continuando in un’irresistibile altalena di pensieri saggi e dissennati. “Belle, belle cappelle, ma… tante case per i morti e tanti vivi che neppure ne hanno”, “Mameli? Non avrei detto. Così giovane è morto? E’ vero pure che gli eroi sono tutti giovani e belli…”. E dopo aver fatto davanti a un’urna un rapido calcolo di date e di età, e dopo uno scambio di occhiate con il ritratto di una giovane donna, la considerazione che anche lei preferirà avere, da morta in suo ricordo, una foto scattata in gioventù. E la donna dalla foto mi è sembrata annuire…
Colloqui. Attraverso le friabili barriere del tempo…
Insomma, questo vuole essere un invito ad affacciarsi più spesso in quel luogo dove, come racconta in un fascinante libro quel narratore di rara finezza che è Giuseppe Marcenaro ( per la cronaca “Cimiteri, storie di rimpianti e di follie” ), “tutto si svolge sotto mentite spoglie”. Con una sorpresa in più per noi, che di non luoghi viviamo: scoprire che sono ben più numerosi di quanto sospettiamo coloro che rimangono fra noi, acquattati, ben saldi, nelle nostre teste e nei nostri cuori, e che non ci vuole molto, a volte anche solo un piccolo richiamo, per vederli sbucare fuori. Da una foto, da un soffio, da un ramo, da un graffio sulla pietra. E con loro imparare a leggere, parola di Marcenaro, “la folle trama che compone il mondo”.
Anzi, perché aspettare l’anno prossimo. Perché non andarci subito, e provare a immaginare e riuscire a vedere. Prima di venire accecati dalle luminarie che già avanzano ovunque, a disegnare improbabili miraggi natalizi…